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Le nuove prospettive di interpretazione del patto di integrita’ alla luce delle ultime sentenze

2024
18Aprile

Nell’ambito della normativa vigente in materia di anticorruzione e trasparenza i processi di acquisto, gestiti dalle stazioni appaltanti pubbliche, vengono considerati delle aree a rischio dato l’infittirsi dei rapporti tra gli operatori economici, attratti dalla possibilità di acquisire pubbliche commesse in grado di aumentare illecite interferenze nel corretto e trasparente andamento delle procedure di affidamento di beni, servizi e lavori.

Come viene posto in evidenzia dai tanti casi di inchieste giudiziarie, il settore dei contratti pubblici continua ad essere uno dei più esposti a rischi di infiltrazioni mafiose.

Con la sentenza del TAR PIEMONTE n.322 del 02.04.2024 Sez. II viene posto in primo piano, la questione relativa all’utilizzabilità del patto di integrità, quale strumento diretto a rendere più trasparente il processo di una gara di appalto, istituendo un vero “patto” di fiducia e reciproco impegno di lealtà, correttezza e trasparenza tra tutti gli attori della gara.

Attraverso questo strumento si vuole combattere la corruzione aiutando il sistema governativo, economico e sociale soprattutto nei settori degli approvvigionamenti pubblici dotando le amministrazioni locali di uno strumento in più per combattere la corruzione che vada a compensare dei meccanismi legislativi a volte incompleti o funzioni di controllo e repressione, spesso lenti ed inefficaci.  

La possibilità di utilizzare questi strumenti è insita nel dettato normativo dell’art 1 della Legge 190/2012 secondo cui: Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito, che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità, costituisce causa di esclusione della gara.

I patti di integrità ed i relativi protocolli di legalità rappresentano un insieme di condizioni che, se accettate dalla stazione appaltante, rappresentano presupposto necessario e condizionante la partecipazione dei concorrenti alla gara. Essi mirano a stabilire un complesso di regole di comportamento finalizzati a prevenire fenomeni di corruzione e a valorizzare comportamenti eticamente adeguati a tutti i concorrenti e per il personale aziendale impiegato ad ogni livello nell’espletamento delle procedure di affidamento di beni, servizi, lavori e nel controllo dell’esecuzione del relativo contratto.

Analizzando Il caso di specie, un comune indiceva una procedura di gara aperta per il servizio di refezione scolastica in favore degli alunni e del personale docente di una scuola primaria.

Il disciplinare di gara prevedeva l’obbligatoria allegazione nella busta amministrativa del patto di integrità. Quest’ultimo documento, all’art 4.4, prevedeva una clausola risolutiva espressa del contratto di appalto da applicarsi nei casi di intervento di una misura cautelare o di un rinvio a giudizio dell’operatore economico, dei vertici dell’impresa o dei suoi soci per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione.

Nel partecipare alla gara l’operatore economico, risultato successivamente aggiudicatario, dichiarava la sussistenza di diverse circostanze penali, tra cui il rinvio a giudizio e l’applicazione di misure cautelari, nei confronti dei vertici della società e della sua controllante.

Il concorrente proponeva ricorso sostenendo che l’aggiudicataria, avendo dichiarato la sussistenza di circostanze previste dall’art 4.4 del contratto, avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura per violazione del patto di integrità.

L’analisi della sentenza parte dall’individuazione della funzione specifica che svolge il documento ovvero, quella di obbligare il concorrente al rispetto di alcune disposizioni alla base del principio di legalità, obblighi che vengono assunti dal concorrente dal momento della partecipazione alla gara sino alla conclusione dell’esecuzione del contratto. La violazione di queste previsioni comporta causa di esclusione dalla stessa, ma solo se ciò è stato espressamente previsto dalla stazione appaltante, ciò viene richiamato dall’art 1 comma 17 della legge 190/2012 che evidenzia che l’inserimento di una specifica causa di esclusione correlata al mancato rispetto del protocollo di legalità costituisce una facoltà dell’ente e non un obbligo. 

Il patto di integrità ricollega alla presenza delle circostanze indicate (rinvio a giudizio o applicazione di misure cautelari) un solo effetto, ovvero quello di consentire alla stazione appaltante di risolvere il contratto, con la conseguenza che non è ammessa un’anticipazione degli effetti alla fase di gara.

La sentenza afferma che, le misure penali relative all’aggiudicatario non avrebbero mai potuto condurre alla sua esclusione automatica.

A questa considerazione si giunge attraverso l’interpretazione  di una sentenza della corte di giustizia europea relativa al patto di integrità; nella sentenza emerge il principio per cui, le violazioni del principio del patto di integrità, anche laddove costituenti causa di esclusione dalla procedura di gara, non possono mai condurre all’estromissione automatica del concorrente (ossia fondata sull’accertamento del fatto), dovendosi invece effettuare una disanima della condotta tenuta dal concorrente, il suo riflesso sulla sua affidabilità e le eventuali  misure di self-cleaning.

Le violazioni del patto di integrità sembrano dover essere analizzate secondo la disciplina dei gravi illeciti professionali, prevendendosi un contraddittorio tra le parti e una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante.

Attualmente per potersi configurare un grave illecito professionale secondo l’art 98 comma 2, è necessaria la compresenza di determinati elementi:

- elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;

- idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore economico;

- presenza di adeguati mezzi di prova

Ne discende che la motivazione alla base del provvedimento di esclusione deve istruire cumulativamente tutte le condizioni suddette, in quanto diversamente il provvedimento non sarebbe da disporre.

L’istituto dell’illecito professionale appartiene alle cause di esclusione dalla gara non automatiche, ovvero quelle ipotesi che non obbligano automaticamente la stazione appaltante ad escludere l’operatore economico, quanto ad avviare un iter di valutazione centrata sull’integrità ed affidabilità del concorrente.

La fissazione di circostanze e metodologie chiare per l’esercizio di tale discrezionalità, non solo è utile a circoscriverne la portata, ma a ridurre gli errori di un’eccessiva severità evitando sproporzionate esclusioni. 

La sentenza del Tar pone sostanzialmente in rilievo determinate criticità, innanzitutto per quanto riguarda l’operatività del patto di integrità non è quella di garantire che il concorrente non tenga un comportamento contrario al principio di legalità nel corso della procedura e della successiva esecuzione del contratto, ma quella di garantire che il contratto non venga stipulato con soggetti che dimostrino di non essere affidabili sulla base della condotta contro legge da questi tenuti.

Tale tematica assume rilievo proprio alla luce del codice del 2023, che oggi prevede il principio di tassatività degli illeciti professionali. Con un’unica conseguenza di rilievo: il patto di integrità potrebbe configurarsi come un espediente diretto a dare rilevanza a comportamenti ulteriori rispetto a quelli richiamati dall’art 98 del codice ma, allo stesso tempo, limitarne l’efficacia solo alle ipotesi previste dall’art 98 del codice dei contratti pubblici significa eliminare efficacia al patto di integrità nella fase di gara, limitandone gli effetti solo alla fase esecutiva del contratto.

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