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L’applicazione del Contratto Collettivo Nazionale nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici

Articolo estratto dalla rivista MediAppalti, anno XIV n. 2 (www.mediappalti.it) a cura dell'avv. Ilenia Paziani
2024
10Aprile

1. Introduzione

L’articolo 1, comma 2, lett. h) della legge di delega al Governo per la redazione del Codice dei Contratti Pubblici, tra i criteri direttivi, ha previsto l’inserimento di clausole sociali volte alla tutela dei lavoratori.
In particolare, oltre ai meccanismi incentivanti per quegli operatori economici che garantiscono l’integrazione sociale e professionale di persone con disabilità e pari opportunità di genere e generazionali, tra i criteri direttivi (al punto 2) è riportata la richiesta di:
“garantire l'applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all'oggetto dell'appalto e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell'appaltatore e contro il lavoro irregolare”.
Il presente contributo è volto ad analizzare la modalità attraverso cui il nuovo Codice ha inteso garantire l’applicazione dei CCNL e quindi assicurare maggiori e adeguate tutele per i lavoratori impiegati nell’esecuzione degli appalti (e dei subappalti), pur garantendo al concorrente la libertà di organizzazione di impresa.

2. Il principio di applicazione dei Contratti Collettivi Nazionali: il confronto con la disciplina precedente

Le norme di riferimento contenute nel d.lgs. n. 36/2023, che recepiscono il criterio direttivo sopra esposto, sono l’articolo 11 e l’articolo 57.
L’articolo 11 del D.lgs. n.36/2023 prevede il “Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore” e al comma 1 stabilisce che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.”.
Lo stesso principio era già contemplato dal Codice previgente all’articolo 30, comma 4 (“Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.”).
Sull’applicazione di tale norma si era già consolidato un indirizzo giurisprudenziale volto a garantire un equilibrio tra tutela dei lavoratori e libertà di impresa.
In particolare, è stato di recente affermato che “L'applicazione di un determinato contratto collettivo non può essere imposta dalla lex specialis alle imprese concorrenti quale requisito di partecipazione né la mancata applicazione di questo può essere a priori sanzionata dalla stazione appaltante con l'esclusione, sicché deve negarsi in radice che l'applicazione di un determinato contratto collettivo anziché di un altro possa determinare, in sé, l'inammissibilità dell'offerta; non rientra, quindi, nella discrezionalità dell'amministrazione appaltante la facoltà di imporre l'applicazione di un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto più qualora una o più tipologie di contratti collettivi possano anche solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare” (TAR Piemonte, sez. I, 20 dicembre 2023, n. 1021).
Sulla stessa scia il Consiglio di Stato ha chiarito che “Se è riconducibile alla discrezionalità della amministrazione appaltante fissare i contenuti dei servizi da affidare mediante gara, quale aspetto caratteristico del merito amministrativo e sebbene all'interno di queste scelte si collochi anche quella dei requisiti da richiedere per l'espletamento dei servizi oggetto di una gara, tuttavia non rientra nella discrezionalità dell'amministrazione appaltante anche quella di imporre o di esigere un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto più qualora una o più tipologie di contratti collettivi possano anche solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare (v. Cons. Stato, V, 23 luglio 2018, n. 4443)” (Cons. Stato, sez. V, 10 dicembre 2020, n.7909).
Al tempo stesso, già nella vigenza del Codice previgente era chiara la ratio della richiesta di applicazione del corretto CCNL in quanto “La corretta applicazione dei contratti collettivi conformemente alle rispettive sfere di applicabilità costituisce condizione imprescindibile per il regolare funzionamento del mercato del lavoro e per il dispiegarsi di una leale concorrenza tra imprese.

L’articolo 11 del D.lgs. n.36/2023 recepisce l’orientamento giurisprudenziale formatosi sul Codice previgente e prevede l’applicazione del CCNL in vigore per il settore e la zona nel quale si eseguono le prestazioni, stipulato dalle associazioni comparativamente più rappresentative e il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto. A differenza della precedente disciplina chiede espressamente alle Stazioni Appaltanti di indicare il CCNL applicabile negli atti di gara.

Dalla corretta applicazione del CCNL discende infatti la duplice finalità di garantire, da un lato, che il personale impiegato venga adeguatamente tutelato per la parte giuridica e per quella economica; dall’altro lato, che le prestazioni oggetto della commessa siano correttamente eseguite attraverso l’impiego di lavoratori aventi profili professionali più appropriati alle prestazioni da eseguire (TAR Campania, Napoli, sez. III, 7 marzo 2023, n.1488).
Ne consegue che tali principi giurisprudenziali possono ritenersi applicabili anche alla nuova formulazione dell’articolo 11, che di fatto li ha recepiti, ribadendo l’applicazione del CCNL più rappresentativo e strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto (e ciò pone, come vedremo, dei limiti alla Stazione Appaltante nella scelta del CCNL da indicare), nonché la possibilità per l’operatore economico di applicare un diverso CCNL, a patto che garantisca tutele equivalenti.
Sul punto, si precisa che a differenza del Codice di cui al d.lgs. n. 50/2026, il nuovo comma 2 dell’articolo 11 richiede espressamente alle Stazioni Appaltanti di indicare “Nei bandi e negli inviti (…) il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell'appalto o nella concessione, in conformità al comma 1.”.
La norma prosegue precisando che “3. Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.”
Ciò implica che il CCNL indicato dalla Stazione Appaltante rappresenta il nucleo di tutele minimo da garantire, ma nulla vieta all’operatore economico di applicare un diverso contratto collettivo (sul punto si tornerà nei successivi paragrafi).
L’applicazione di un contratto collettivo diverso incontra però il limite di garantire l’equivalenza delle tutele (normative ed economiche) rispetto a quelle previste dal CCNL indicato dalla Stazione Appaltante (comma 4).
Tale precisazione ha lo scopo di bilanciare da un lato la tutela del lavoratore che non deve essere inferiore a quella prevista per la categoria di lavoratori a cui è riconducibile, dall’altro lato la tutela della libertà di iniziativa economica e di organizzazione di impresa del concorrente.
Resta inteso che le medesime tutele devono essere garantite anche ai lavoratori in subappalto.
La stessa norma precisa, infine, che la dichiarazione di equivalenza viene valutata secondo i criteri previsti per la verifica dell’anomalia dell’offerta.

3. La scelta della Stazione Appaltante rispetto al CCNL da indicare negli atti di gara

Come anticipato, la Stazione Appaltante ha l’obbligo di indicare negli atti di gara il CCNL applicabile all’appalto e che l’aggiudicatario è a sua volta obbligato a rispettare (lo stesso CCNL o CCNL equivalente).
Al fine di consentire alle Stazioni Appaltanti di avere a disposizione criteri utili ad individuare il corretto CCNL applicabile, la relazione ANAC al Bando tipo n. 1/2023 ha fornito alcune indicazioni pratiche.
In particolare, l’Autorità chiarisce che è innanzitutto necessaria la corretta individuazione del codice CPV (Common Procurement Vocabulary), cioè il sistema unico europeo di classificazione delle attività utilizzato per descrivere l’oggetto dei contratti da affidare.
Per l’individuazione del corretto CPV, ANAC ha redatto un apposito documento nel quale sono rinvenibili tutte le informazioni necessarie (cfr. Comunicato del Presidente del 9 maggio 2023).
L’individuazione del CPV è fondamentale, in quanto indicare un codice non congruente con la prestazione da affidare viola i principi di trasparenza e pubblicità che impongono alle stazioni appaltanti di fornire informazioni chiare e precise sulle procedure, al fine di consentire una valutazione sulla legittimità del loro operato.
Allo stesso tempo, l’indicazione di un CVP non corretto viola il principio di par condicio, poiché non consente a tutti gli operatori economici potenzialmente interessati di conoscere le opportunità effettivamente esistenti, con una conseguente violazione del principio di tutela della concorrenza.
L’indicazione di un CPV non coerente con l’attività oggetto dell’appalto da affidare espone dunque la Stazione Appaltante a contestazioni sul piano giudiziale, oltre a costituire uno strumento utile al fine di individuare il CCNL applicabile allo specifico appalto.
Una volta individuata la corretta classificazione dell’attività oggetto dell’appalto tramite il CPV, ANAC ritiene che la prima operazione che la Stazione Appaltante deve effettuare sia l’individuazione del CCNL più attinente rispetto alle all’oggetto dell’appalto e alle attività da eseguire.
Di tale aspetto si dà conto anche nella Relazione illustrativa al Codice, la quale precisa che “La norma dell’articolo 30, comma 4, ha cambiato il punto di riferimento per la scelta del CCNL applicabile: non più l’attività prevalente esercitata dall’impresa (come si è sempre sostenuto sulla base dell’art. 2070 del cod. civ.), ma le prestazioni strettamente connesse all’oggetto dell’appalto da eseguire.
Risulta dunque necessario che la Stazione Appaltante identifichi il settore di riferimento dell’attività o delle attività (in caso di suddivisione dell’appalto in più lotti) oggetto dell’appalto attraverso:
- la prima lettera del codice ATECO;
- la verifica sull’archivio contratti del CNEL dei contratti collettivi applicabili all’attività oggetto dell’appalto come sopra identificata. Tra questi ultimi la Stazione Appaltante è chiamata all’individuazione dei CCNL stipulati dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ai sensi dell’articolo 11 del Codice.

La Stazione Appaltante deve indicare negli atti di gara il CCNL applicabile all’appalto, tale scelta deve tenere conto delle prestazioni oggetto dell’appalto da eseguire alle quali deve essere il più possibile attinente. Alcuni strumenti utili sono: la corretta individuazione del CPV, l’analisi del codice ATECO e la verifica dell’archivio dei contratti collettivi (più rappresentativi) del CNEL.

La relazione al bando tipo ANAC individua tutte le fonti a cui fare riferimento per la ricerca di questi dati.
Per quanto concerne l’individuazione delle organizzazioni comparativamente più rappresentative, ANAC ricorda che il Ministero del Lavoro, anche sulla base della giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, con l’interpello n. 27 del 15 dicembre 2015 aveva individuato i seguenti indici sintomatici da tenere in considerazione per l’individuazione delle organizzazioni comparativamente più rappresentative:
- numero complessivo dei lavoratori occupati;
- numero complessivo delle imprese associate;
- diffusione territoriale (numero di sedi presenti sul territorio e ambiti settoriali);
- numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti.
Un ulteriore elemento valido può essere rappresentato dall’esistenza di tabelle del costo del lavoro elaborate dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, dal momento che tale elaborazione avviene sulla base dei CCNL ritenuti maggiormente rappresentativi in quello specifico settore economico, oppure dalla composizione del Consiglio del CNEL che, come è noto, viene periodicamente rinnovato nei suoi componenti all’esito di una attenta valutazione e comparazione dei dati raccolti sulle singole organizzazioni che chiedono di essere inserite in tale organismo. Tale parametro può essere utilizzato congiuntamente agli altri sopra individuati, quale conferma delle valutazioni effettuate.
L’Autorità, al fine di rendere più agevole le valutazioni di competenza delle stazioni appaltanti, si è inoltre impegnata a mettere a disposizione, in futuro, attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP), le informazioni utili a:
- costruire una correlazione tra CPV e CCNL applicato in relazione ai vari affidamenti, in modo da individuare i contratti più applicati in relazione a ciascun CPV, attraverso l’utilizzo dei dati raccolti dalla BDNCP;
- individuare il contratto applicato dagli operatori che partecipano alle gare connotate da uno specifico CPV.
Si auspica dunque che le Stazioni Appaltanti saranno via via fornite di ulteriori linee guida per l’individuazione del corretto CCNL da applicare.

4. L’indicazione del CCNL applicabile negli affidamenti diretti: i quesiti posti al MIT

Prima di analizzare le difficoltà che gli operatori economici stanno riscontrando nella verifica di equivalenza delle tutele del diverso CCNL, si ritiene opportuno rilevare che sono stati riscontrati dubbi interpretativi circa l’ambito di applicazione dell’articolo 11.
In particolare, sono stati di recente posti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti due quesiti (n. 2346 e n. 2338 del 26 febbraio 2024) concernenti l’applicabilità dell’articolo 11 agli affidamenti diretti e dunque sulla necessità che le Stazioni Appaltanti indichino, anche per gli affidamenti diretti, il CCNL applicabile oppure no.
Il dubbio interpretativo nasce dal fatto che l’articolo 11 comma 2 riferendosi espressamente a “bandi”, “inviti”, sembra presupporre una procedura di evidenza pubblica, da intendersi quale “procedura selettiva tramite gara fra operatori economici che, nel rispetto del diritto dell’Unione europea e della disciplina dettata dal codice, è finalizzata, attraverso la valutazione comparativa delle offerte e la selezione del contraente, all’affidamento del contratto” come definita dall’art. 3, comma 1, lett. c) dell’Allegato I.1 al D.lgs. 36/2023. Con la conseguenza che dovrebbe ritenersi esclusa la procedura di affidamento diretto, in quanto definito come “l’affidamento del contratto senza una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’art. 50, comma 1 lettere a) e b), del codice e dei requisiti generali o speciali previsti dal medesimo codice” (art. 3, comma 1, lett. d) dell’Allegato I.1 al D.lgs. 36/2023).

Le Stazioni Appaltanti devono indicare il CCNL applicabile anche negli affidamenti diretti? A parere del MIT, sì. Il principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore è un principio generale in materia di appalti pubblici, dunque applicabile anche ai contratti sotto-soglia, in quanto non espressamente derogato.

Ebbene, a tale interrogativo, il MIT ha risposto in maniera negativa, affermando che l’articolo 11 si applica anche agli affidamenti diretti, per i quali quindi deve essere richiesta l’applicazione del CCNL in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni più rappresentative e il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto.
Il MIT rileva infatti che in base all’art. 48, comma 4, d.lgs. 36/2023 “ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”.
Da tale disposizione consegue la regola secondo cui ai contratti sotto-soglia europea si applicano, in primo luogo, le regole semplificatorie previste dagli artt. 48-55 d.lgs. 36/2023 e, per le sole parti non espressamente regolate, la disciplina ordinaria (prevista per gli appalti sopra-soglia) del Codice dei contratti pubblici.
Ebbene, l’articolo 11 del d.lgs. 36/2023 introduce il c.d. principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore, i quali devono essere indicati dalla stazione appaltante o dall’ente concedente nel bando di gara o negli inviti (cfr. art. 11, comma 2, d.lgs. 36/2023), seppur con facoltà per l’operatore economico di indicare, nella propria offerta, un differente CCNL che garantisca l’equivalenza delle tutele ai lavoratori dipendenti (art. 11, comma 3, d.lgs. 36/2023), che è definito dalla Relazione Illustrativa al Codice come principio generale.
Trattandosi di principio generale, il MIT ritiene che la mera mancanza di un bando o di invito di gara non possa giustificarne la mancata applicazione per gli affidamenti diretti.
Il MIT si spinge al suggerire alle Stazioni Appaltanti di poter indicare il CCNL, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 36/2023, per vie informali, come ad esempio nel momento in cui procede alla richiesta di preventivo all’operatore economico.

5. I contratti per cui non è richiesta l’applicazione di uno specifico CCNL

Come anticipato in premessa, l’altra norma che rileva ai fini dell’applicazione di uno specifico CCNL è l’articolo 57 comma 1, il quale prevede che “1. Per gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale e per i contratti di concessione i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti, tenuto conto della tipologia di intervento, in particolare ove riguardi il settore dei beni culturali e del paesaggio, e nel rispetto dei principi dell’Unione europea, devono contenere specifiche clausole sociali con le quali sono richieste, come requisiti necessari dell'offerta, misure orientate tra l'altro a garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, la stabilità occupazionale del personale impiegato, nonché l'applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all'oggetto dell'appalto o della concessione e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente, nonché a garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell'appaltatore e contro il lavoro irregolare.
Da tale norma si evince, a contrario, che agli affidamenti di contratti di lavori e servizi aventi natura intellettuale non si applicano le clausole sociali, tra cui l’applicazione di uno specifico CCNL. Tale interpretazione poggia le basi sul combinato disposto dell’articolo 11 e 57, secondo cui l’articolo 11 costituisce enunciazione di un principio generale e l’articolo 57 rappresenta invece la declinazione pratica di tale principio.
Ne consegue che l’applicazione dei principi di cui all’articolo 11 deve ritenersi perimetrata all’ambito oggettivo individuato dall’articolo 57, il quale esclude espressamente i contratti di servizi aventi natura intellettuale.

Agli affidamenti di contratti di lavori e servizi aventi natura intellettuale e alle forniture senza posa in opera non si applicano le clausole sociali, tra cui la richiesta di applicazione di uno specifico CCNL.

Ciò anche in considerazione della difficoltà riscontrabili nell’individuazione di un CCNL di riferimento per i servizi aventi natura intellettuale, nonché nell’applicazione del principio dell’equo compenso.
ANAC, nella Relazione al bando tipo n. 1/2023, precisa inoltre che la stessa esclusione deve intendersi operante anche per le forniture senza posa in opera, considerato che l’articolo 11 costituisce una norma volta a tutelare le condizioni dei lavoratori, appare evidente che un contratto senza impiego di manodopera non rientra in tale ambito di applicazione.

6. La dichiarazione di applicazione del CCNL o di CCNL equivalente

L’aspetto più delicato della nuova disciplina codicistica risiede senza dubbio nella possibilità per il concorrente di dichiarare di applicare un CCNL diverso da quello indicato dalla Stazione Appaltante nella legge di gara.
Ed infatti, come anticipato, qualora l’appaltatore applichi un CCNL diverso da quello indicato dalla Stazione Appaltante, deve “indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente (art. 11, comma 3).
Tale dichiarazione è richiesta a tutti i concorrenti in sede di presentazione della domanda di partecipazione.
È invece solo prima dell’aggiudicazione che “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110.” (art. 11, comma 4).

In sede di gara, i concorrenti devono dichiarare di applicare il CCNL indicato dalla Stazione Appaltante o il diverso CCNL purché garantisca tutele equivalenti. La dichiarazione di equivalenza delle tutele è richiesta all’aggiudicatario.

Tuttavia, può capitare che le Stazioni Appaltanti, già in una fase precedente all’aggiudicazione, chiedano giustificazioni concernenti l’applicazione di un CCNL diverso.
Ciò può accadere nel caso in cui l’offerta presentata sia sospetta di anomalia, in quanto, come chiarito dal comma 4, non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili e agli oneri di sicurezza.
In concreto, dunque, la Stazione Appaltante valuterà la veridicità della dichiarazione di equivalenza dell’aggiudicatario, secondo i parametri di cui all’articolo 110 del Codice, sulla verifica di congruità dell’offerta.
Ciò implica quindi che gli operatori economici (anche non aggiudicatari), già in sede di verifica dell’anomalia, potrebbero essere chiamati a giustificare l’eventuale ribasso offerto sul costo della manodopera e le relative giustificazioni potrebbero riguardare anche l’applicazione di un contratto collettivo diverso rispetto a quello individuato dalla stazione appaltante.
In questo caso, quindi, necessariamente, la valutazione di equivalenza delle tutele andrebbe anticipata rispetto al momento dell’aggiudicazione.
Occorre inoltre tenere presente che, qualora il concorrente applichi un contratto collettivo diverso da quello indicato dalla Stazione Appaltante, è comunque necessario (o quanto meno auspicabile) che prima di partecipare alla gara il concorrente abbia valutato se il proprio CCNL garantisce tutele equivalenti rispetto a quello indicato dalla Stazione Appaltante.
Ed infatti, come visto, già in sede di gara è chiesto al concorrente di indicare il diverso CCNL applicato, sul presupposto che garantisca tutele equivalenti.
Ne consegue che è certamente opportuno che il concorrente che dichiara di applicare un diverso CCNL, abbia prima verificato che quest’ultimo garantisca tutele giuridiche ed economiche equivalenti a quelle del CCNL indicato dalla Stazione Appaltante.
In altri termini, la dichiarazione richiesta in gara presuppone una preventiva valutazione interna dell’operatore economico, in quanto, qualora la dichiarazione di equivalenza dovesse, in caso di aggiudicazione (o prima), non essere ritenuta veritiera, non si può escludere che il concorrente possa incorrere nella contestazione di una falsa dichiarazione, con tutte le conseguenze sul rilascio di false dichiarazioni in sede di gara.

7. Modalità di redazione della dichiarazione di equivalenza (Relazione ANAC bando tipo e circolare Ispettorato)

Ma quali sono i parametri da valutare per verificare se due diversi CCNL garantiscono tutele equivalenti?
Trattandosi di una norma nuova, pare opportuno fare riferimento innanzitutto alle indicazioni contenute nella Relazione al bando tipo n. 1/2023 di ANAC, nella quale vengono fornite indicazioni molto utili nella redazione della dichiarazione di equivalenza delle tutele in caso di applicazione di un CCNL diverso da quello indicato dalla Stazione Appaltante.
La dichiarazione di equivalenza deve dimostrare che il diverso CCNL adottato, al di là del nomen iuris, garantisce tutele economiche e normative equiparabili.
Al riguardo, ANAC ritiene che le Stazioni Appaltanti possano trarre utili elementi di riferimento dalle indicazioni fornite dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la Circolare n. 2 del 28 luglio 2020.

La dichiarazione di equivalenza delle tutele economiche e normative deve essere redatta e valutata nell’ottica di dimostrare che il diverso CCNL adottato, al di là del nomen iuris, garantisce tutele economiche e normative equiparabili.

ANAC è giunta alle indicazioni riportate nella Relazione a seguito di un confronto con il Ministero del Lavoro, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, il CNEL, l’INPS, CGIL, CISL e UIL, nonché sulla base delle osservazioni pervenute in sede di consultazione.
È intenzione di ANAC continuare l’approfondimento delle questioni sollevate, sia per fornire un supporto alle Stazioni Appaltanti nella valutazione delle dichiarazioni di equivalenza, sia per accompagnare gli operatori economici nella predisposizione di tali dichiarazioni, al fine di comprendere, già in fase di presentazione dell’offerta, quali tutele devono essere garantire e compiere le scelte conseguenti.
Il primo elemento che tanto le Stazioni Appaltanti, quanto i concorrenti devono tenere bene a mente è che l'obiettivo che il legislatore ha inteso perseguire con l’articolo 11 (in attuazione della legge delega) è quello di evitare che il ricorso a CCNL meno tutelanti per il lavoratore sia utilizzato per massimizzare il ribasso che il concorrente è tenuto ad offrire in gara. Ciò a discapito, non solo dei lavoratori, ma anche in violazione dei principi di concorrenza propri delle procedure ad evidenza pubblica.

La ratio dell’articolo 11 è quella di evitare che il ricorso a CCNL meno tutelanti per il lavoratore sia utilizzato per massimizzare il ribasso che il concorrente è tenuto ad offrire in gara, a discapito sia dei lavoratori, che dei principi di concorrenza e par condicio.

Di conseguenza, in primo luogo, il concorrente è tenuto a verificare che il CCNL applicato sia relativo a lavorazioni coerenti rispetto a quelle oggetto dell’appalto. Tale valutazione può essere effettuata anche attraverso gli strumenti che ANAC indica alle Stazioni Appaltanti per l’individuazione del CCNL da indicare negli atti di gara (cfr. par. 3).
Il secondo step consiste nella valutazione delle tutele economiche e normative garantite dal CCNL indicato negli atti di gara e quello applicato dal concorrente.
Al riguardo, ANAC ritiene che le Stazioni Appaltanti, nella valutazione, e i concorrenti, nella redazione, possano trarre utili elementi di riferimento dalle indicazioni fornite dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la Circolare n. 2 del 28 luglio 2020.
In particolare, ANAC suggerisce di effettuare la valutazione dell’equivalenza economica dei contratti, prendendo a riferimento le componenti fisse della retribuzione globale annua costituite dalle seguenti voci:
- retribuzione tabellare annuale;
- indennità di contingenza;
- Elemento Distinto della Retribuzione – EDR - a cui vanno sommate le eventuali mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), nonché ulteriori indennità previste.
Successivamente, è necessario procedere alla valutazione di equivalenza delle tutele normative attraverso i seguenti parametri di riferimento:
- la disciplina concernente il lavoro supplementare e le clausole elastiche nel part-time;
- la disciplina del lavoro straordinario, con particolare riferimento ai suoi limiti massimi, con l’avvertenza che solo il CCNL leader può individuare ore annuali di straordinario superiori alle 250. Lo stesso non possono fare i CCNL sottoscritti da soggetti privi del requisito della maggiore rappresentatività;
- la disciplina compensativa delle ex festività soppresse, che normalmente avviene attraverso il riconoscimento di permessi individuali;
- la durata del periodo di prova;
- la durata del periodo di preavviso;
- durata del periodo di comporto in caso di malattia e infortunio;
- malattia e infortunio, con particolare riferimento al riconoscimento di un’eventuale integrazione delle relative indennità;
- maternità ed eventuale riconoscimento di un’integrazione della relativa indennità per astensione obbligatoria e facoltativa;
- monte ore di permessi retribuiti;
- bilateralità;
- previdenza integrativa;
- sanità integrativa.
In fase di aggiudicazione (o nella fase precedente, qualora sia richiesto), il concorrente, come specificato nella relazione al bando tipo n.1, dovrà rendersi disponibile anche a mettere a disposizione i dati relativi al trattamento giuridico ed economico dei lavoratori addetti all’affidamento.
ANAC precisa che la Stazione Appaltante può ritenere sussistente l’equivalenza in caso di scostamenti marginali in un numero limitato di parametri.
Sul punto, si evidenzia che per l’indicazione degli indici da tenere in considerazione si può fare riferimento alla Circolare dell’INL la quale individua un primo elenco di nove istituti sui quali effettuare la verifica di equivalenza dei trattamenti normativi, ritenendo ammissibile lo scostamento limitato ad un solo parametro.
ANAC ritiene che, considerato che l’elenco proposto dall’INL è più ampio, si può ritenere ammissibile, di regola, uno scostamento limitato a soli due parametri.
Tuttavia, vale la pena precisare che, la valutazione di equivalenza delle tutele non può ridursi alla identità della retribuzione o di altri indici contrattuali, in quanto questo implicherebbe l’applicazione imposta di un CCNL unico (che appare contrario al consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi sul Codice previgente).
Nella valutazione (e nella redazione) della dichiarazione di equivalenza delle tutele è invece necessario tenere conto del fatto che la valutazione deve essere effettuata in concreto, e soprattutto deve trattarsi di una valutazione complessiva.
La modalità in cui la valutazione di equivalenza sarà in concreto effettuata dalle Stazioni Appaltanti costituisce un aspetto di fondamentale importanza in quanto le conseguenze del mancato superamento della verifica delle tutele equivalenti consistono nell’esclusione dalla procedura ai sensi dell’art. 110, co. 5, lett. a), e dell’art. 107, co. 2, del d.lgs. 36/2023.