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Il costo della manodopera tra il vecchio e il nuovo Codice dei Contratti pubblici

Articolo estratto dalla rivista MediAppalti, anno XIII n. 7 (www.mediappalti.it) a cura della dott.ssa Adriana Presti
2023
11Ottobre

Il nuovo Codice dei Contratti pubblici, di cui al D.Lgs. n. 36/2023, prevede una significativa novità che concerne il computo dei costi della manodopera.
Prima di analizzare funditus la nuova disciplina, non pare inutile ripercorrere l’excursus del tema nell’ambito del previgente Codice di cui al D.Lgs. n. 50/2016, come modificato dal decreto correttivo al codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 56/2017.
In particolare, l’ultimo periodo del comma 16 dell’articolo 23 (“Livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi”) del Codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i., introdotto dal c.d. Correttivo, dispone(va) che: “Nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, al fine di determinare l’importo posto a base di gara, individua nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla base di quanto previsto nel presente comma. I costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso”.
La modifica introdotta dal citato articolo 23, comma 16, del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i. si associava a quella introdotta dal comma 10 dell’articolo 95 del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i. il cui testo era il seguente: “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)”. L’articolo 97, comma 5, lettera d), del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i., poi, stabiliva che “La stazione appaltante […] esclude l'offerta solo […] se ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo, che l'offerta è anormalmente bassa in quanto: […] d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'articolo 23, comma 16”.
Di conseguenza, nella stesura definitiva del c.d. Correttivo, il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 23, comma 16, non lasciava dubbi sul fatto che solo i costi della sicurezza dovevano essere scorporati dall’importo assoggettato al ribasso d’asta, fermo restando l’eventuale controllo dell’anomalia dei costi del personale se ed in quanto inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle.
Interessante è però considerare, nell’ottica delle novità introdotte dal Nuovo Codice, che nella prima versione del c.d. Correttivo, approvata in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, l’ultimo periodo del citato articolo 16 includeva anche i costi della manodopera dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d’asta, stabilendo che “Il costo della manodopera e i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d’asta”. Difatti nella relazione di accompagnamento al Correttivo, la stessa poiché riferita alla versione originaria del testo della disposizione - quella in cui l’ultimo periodo, per l’appunto, recitava “Il costo della manodopera e i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d’asta” -, si precisava che all’articolo 23 erano inseriti “due periodi al comma 16, volti a prevedere rispettivamente che, per i contratti relativi ai lavori, il costo dei materiali edili è determinato sulla base dei prezziari regionali, aggiornati annualmente e che i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso d’asta”.
Sennonché, il Consiglio di Stato nel parere del 30 marzo 2017 n. 782, sollevò più di una perplessità sul tenore del testo preliminare dei periodi introdotti nella parte finale del comma 16 dell’articolo 23 e, infatti, non mancò di evidenziare che: “la nuova disposizione (per come formulata) equipara tout court il costo della manodopera ai costi della sicurezza, cioè a quelle voci che concorrono all’importo finale ma non sono soggette a ribasso. Tuttavia, come è noto, i costi della sicurezza c.d. esterna sono già quantificati a priori dal bando e cioè dalla stazione appaltante. Diviene allora necessario, ove si opti per il mantenimento della previsione, chiarire a chi – stazione appaltante o offerente – spetti oggi scorporare questi costi dall’importo sul quale calcolare il ribasso”.
Anche l’ANAC, con la Segnalazione del 19 marzo 2014 n. 2, recante “Disposizioni in materia di costo del lavoro negli appalti pubblici di cui all’art. 82, comma 3-bis del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163”, non aveva mancato di rilevare che la primigenia versione della disposizione non poteva trovare applicazione senza ingenerare effetti distorsivi del mercato, dovendo comunque essere contemperata anche la necessità di salvaguardare il principio dell’autonomia imprenditoriale. E ciò “in perfetta coerenza con il diritto comunitario, di cui tiene conto lo stesso articolo 55 della direttiva 2004/18 (recepito negli artt. 87 e 88 del Codice), laddove, sostanzialmente, ammette giustificazioni in relazione ad elementi che influenzano il costo “complessivo” del personale e tutela il solo costo “unitario”. Ferma restando, pertanto, la tutela da assicurare al rispetto di quest’ultimo, il costo complessivo del personale, per ciascun concorrente, è da ritenere che si determini in base alla reale capacità organizzativa d’impresa che è funzione della libera iniziativa economica ed imprenditoriale (art. 41 Cost.) e come tale non può essere in alcun modo compressa mediante predeterminazioni operate ex ante”.
Di conseguenza, il legislatore, condividendo evidentemente siffatti rilievi, nella stesura del testo definitivo, decise di modificare l’ultimo periodo del comma 16 precisando che soltanto i costi della sicurezza dovevano essere scorporati dall’importo a base d’asta assoggettato a ribasso.
Arrivando ai giorni nostri, l’articolo 41 del Nuovo Codice di cui al d.lgs. 36/2023, rubricato “Livelli e contenuti della progettazione”, dispone testualmente, al comma 14, che “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Si tratta del recepimento di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, in cui si prevedeva che “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”.
È dunque ora previsto che la stazione appaltante o l’ente concedente, nella determinazione dell’importo posto a base di gara, negli appalti di lavori e di servizi, individui i costi della manodopera, e che tanto tale costo quanto quello relativo alla sicurezza debbono essere scorporati dall’importo assoggettato a ribasso.

Negli appalti di lavori e servizi i costi della manodopera e della sicurezza sono sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso.

La disposizione fa, tuttavia, salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo derivi da una più efficiente organizzazione aziendale.

L’operatore può, quindi, dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera derivi da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione.

Il comma 13 dell’articolo 41 stabilisce, poi nel dettaglio, i criteri per la determinazione del costo della manodopera prevedendo, in particolare, che: “Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più affine a quello preso in considerazione. Per i contratti relativi a lavori, il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato facendo riferimento ai prezzi correnti alla data dell’approvazione del progetto riportati nei prezzari predisposti dalle regioni e dalle province autonome o adottati, dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti che, in base alla natura e all’oggetto dell’appalto, sono autorizzati a non applicare quelli regionali. I criteri di formazione ed aggiornamento dei prezzari regionali sono definiti nell’allegato I.14. In sede di prima applicazione del presente codice, l’allegato I.14 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nonché previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice. In mancanza di prezzari aggiornati, il costo è determinato facendo riferimento ai listini ufficiali o ai listini delle locali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura oppure, in difetto, ai prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi”.
In altri termini, nel recare la disciplina sulla determinazione del costo del lavoro comune alagli appalti di lavori, servizi e forniture, siffatta disposizione mantiene la stessa impostazione prevista dall’articolo 23, comma 16, del Codice di cui al D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.. A tal fine debbono quindi essere adoperate le apposite tabelle determinate, ogni anno, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto:
(i) dei lavori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale;
(ii) delle norme in materia previdenziale ed assistenziale,
(iii) dei diversi contesti e settori merceologici;
(iv) delle differenti aree territoriali.

La norma, in via supplettiva, stabilisce che, qualora manchi un contratto collettivo applicabile il costo della manodopera è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più affine a quello preso in considerazione.

Mentre per i lavori, si debbono adoperare:
(i) di norma i prezziari predisposti dalle regioni e dalle province autonome o adottati, dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti che, in base alla natura e all’oggetto dell’appalto, sono autorizzati a non applicare quelli regionali. Di conseguenza il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato facendo applicazione dei prezzi correnti alla data di approvazione del progetto;
(ii) in assenza dei prezziari, i listini ufficiali o i listini delle locali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
(iii) ed in via residuale, i prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi.
Tornando al necessario scorporo anche dei costi della manodopera, si rileva che di recente il tema è stato, seppur marginalmente, trattato dal Consiglio di Stato nella sentenza 9 giugno 2023 n. 5665, rispetto ad una fattispecie, regolata dal previgente Codice di cui al D.lgs. n.50/2022, nell’ambito della quale si verteva di un asserito illegittimo ribasso che la neo individuata aggiudicataria aveva effettuato sul costo della manodopera, nonostante, secondo la ricostruzione della ricorrente seconda classificata, la lex specialis ne facesse espresso divieto.

L’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36/2023, significativamente, opera una netta “inversione di rotta” rispetto al d.lgs. 50/2016 laddove disponendo che “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Il Consiglio di Stato, annullando della sentenza di prime cure, ha accertato che, diversamente da quanto assunto dal TAR, in realtà nessuna disposizione della lex specialis prevedeva - e mai avrebbe potuto prevedere (pena la nullità della clausola) - un divieto, sanzionato con l’esclusione, per l’ipotesi in cui i costi aziendali della manodopera del concorrente fossero risultati inferiori rispetto a quelli teorici e presunti indicati nella lettera di invito.
L’errore del TAR, secondo il Collegio, è, dunque, quello di avere sovrapposto e confuso aspetti dell’offerta totalmente diversi, soggetti a discipline diverse. Un conto è infatti il costo teorico medio determinato dalla stazione appaltante ai fini del valore da attribuire all’appalto, ai sensi dell’art. 23, comma 16 del d.lgs. n. 50/2016, altro è invece il costo effettivo della manodopera che il concorrente deve indicare nella propria offerta, ai sensi dell’art. 95, comma 10 del Codice.
Qualora, come sostiene il TAR, il costo predeterminato dalla stazione appaltante fosse stato fisso e inderogabile, l’Allegato con cui si richiedeva ai partecipanti alla gara di indicare “i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali”, indicando il proprio costo del personale che poteva quindi essere diverso da quello medio stimato dalla stazione appaltante, sarebbe stato totalmente superfluo, non potendo indicare i concorrenti oneri aziendali per il personale di importo diverso da quello stimato nella lettera d’invito.
L’errore in cui sarebbe incorso il TAR nel ritenere sussistente una illegittima operazione di ribasso sui costi del personale si sarebbe riverberato sulle considerazioni successive sviluppate nella sentenza, nella parte concernente la valutazione di congruità dell’offerta dell’aggiudicataria.
Secondo il Consiglio di Stato, la clausola della lex specialis contenente il divieto di ribasso sui costi di manodopera, sarebbe stata in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche. L’art. 97, comma 6, appena citato così recita(va), come si è accennato: “6. Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge. Non sono, altresì, ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza di cui al piano di sicurezza e coordinamento previsto dall'articolo 100 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.
Infatti, secondo il Consiglio di Stato, il divieto indiscriminato di ribasso sulla manodopera avrebbe i seguenti effetti:
a) la standardizzazione dei costi verso l’alto;
b) la sostanziale imposizione del CCNL individuato dalla stazione appaltante al fine di determinare l’importo stimato dell’appalto;
c) la sostanziale inutilità dell’art. 97 comma 6 sopra citato e cioè l’obbligo per gli operatori economici del rispetto degli oneri inderogabili;
d) l’impossibilità, da parte della stazione appaltante, di vagliare l’effettiva congruità in concreto delle offerte presentate dai concorrenti tenuto conto che:
d1) ciò che la stazione appaltante deve verificare, con riferimento al costo della manodopera indicato, è l’eventuale scostamento dai dati tabellari medi con riferimento al “costo reale” (o costo ore lavorate effettive) comprensivo dei costi delle sostituzioni cui il datore di lavoro deve provvedere per ferie, malattie e tutte le altre cause di legittima assenza dal servizio;
d2) l'obbligatoria indicazione dei costi della manodopera in offerta, e la correlativa verifica della loro congruità risponde all'esigenza di tutela del lavoro sotto il profilo della giusta retribuzione (Consiglio di Stato, sez. V, 13 ottobre 2022, n. 8735);
d3) l’indicazione dei costi della gestione e delle spese generali seppure indicate in misura esigua, impinge in valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale nella misura in cui la stazione appaltante ne ha ritenuto la congruità e attendibilità, alla luce del generale principio sul carattere globale e sintetico di tale giudizio per cui un sospetto di anomalia per una specifica componente non incide necessariamente ed automaticamente sull'intera offerta che deve essere comunque apprezzata nel suo insieme, con un giudizio globale e sintetico di competenza della stazione appaltante;
d4) la valutazione di anomalia dell'offerta va fatta considerando tutte le circostanze del caso concreto, poiché un utile all'apparenza modesto può comportare un vantaggio significativo sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa (il mancato utilizzo dei propri fattori produttivi è comunque un costo), sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e dall'aver portato a termine un appalto pubblico, cosicché nelle gare pubbliche non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulta pari a zero (Consiglio di Stato, sez. V, 10 novembre 2021, n. 7498).
Un’ altra considerazione, secondo il Consiglio di Stato, rispetto alla fattispecie trattata è dirimente. L’art. 23 comma 16, invocato dall’appellante a sostegno delle proprie ragioni, dispone che “I costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell'importo assoggettato al ribasso”. I costi della sicurezza e solo quelli.
A supporto interpretativo, il Consiglio di Stato ha richiamato la nuova disciplina recata dall’art. 41, comma 14, del d.lgs. 36/2023 che, significativamente, opera una netta “inversione di rotta” rispetto al d.lgs. 50/2016 laddove dispone: “14. Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Sicché, il Consiglio di Stato ha quindi sottolineato che persino nel “nuovo Codice”, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”, è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale, così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione.
E, d’altronde, non è stato superfluamente osservato dal Consiglio di Stato che, a supporre corretto l’argomentare del TAR si arriverebbe (come si è arrivati) a considerare che la gara sia stata indetta solo per vagliare il ribasso sulla voce “spese generali”, ciò che costituisce un assurdo logico prima che una ricostruzione in diritto non condivisibile.

Nel “nuovo Codice” è previsto “che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” ed è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione.

Ebbene, nel nuovo assetto, resta quindi ferma la possibilità di “dimostrare che il ribasso complessivo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Il che tradotto significa che la non assoggettabilità al ribasso dei costi della manodopera non si fonda affatto su una sorta di intangibilità assoluta della determinazione della stazione appaltante in merito all’incidenza del costo del lavoro in relazione allo specifico appalto, essendo pur sempre fatta salva, in ossequio all’articolo 41 della Costituzione, la possibilità per un operatore economico, in base ad una più efficiente organizzazione aziendale, di dedicare al singolo appalto un quantitativo reale ed efficiente di risorse umane, nonché di impiegare tempi di esecuzione tali da garantire comunque l’esecuzione a regola d’arte dell’appalto, contenendo i costi della manodopera e, quindi, spendendo meno di quanto ab origine previsto dalla stazione appaltante.
La disposizione di cui all’articolo 41, comma 14, del Codice, in conclusione, altro non è che il frutto del necessario bilanciamento, tra predeterminazione dei costi della manodopera e libertà di impresa: la norma opera però una vera e propria presunzione relativa, nella misura in cui stabilisce che, di norma, i costi della manodopera sono quelli indicati dalla stazione appaltante, facendo salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che la sua più efficiente organizzazione aziendale consente e prova il ribasso complessivo effettivamente offerto.
Difficile dire, come si tradurrà il tutto sul piano pratico: certo è che la non assoggettabilità del costo del lavoro al ribasso determina l’obbligo per la stazione appaltante di effettuare un calcolo dettagliato e capillare del costo della manodopera in relazione all’appalto specifico.