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ADR – A Domanda Rispondiamo

Estratto dalla Rivista MediAppalti, anno XI n. 6
2021
9Settembre

1. L’affidamento, tramite accordo fra PA, di servizi di ricerca è sottratto all’ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici ai sensi dell’art. 5 comma 6 del D.Lgs. n. 50/2016?

Un accordo concluso fra più amministrazioni può ritenersi conforme alle disposizioni del citato art. 5, comma 6, del d.lgs. 50/2016, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: - l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; - l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico; - le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione. L'art. 5 comma 6 del codice disciplina gli accordi fra pubbliche amministrazioni, nonchè i limiti entro i quali detti accordi possono essere conclusi. Affinché possa ritenersi legittima l’esenzione dal Codice, valendo a disciplinare comunque un istituto già previsto in linea generale dall’art. 15 della l. n.241/1990 (ai sensi del quale «anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune»: cfr. sul punto, ANAC determina n. 7/2010). Laddove l’accordo non presenti i caratteri tipici del partenariato pubblico-pubblico, manchi una reale condivisione di attività e risultati e manchi una sinergica convergenza su attività di interesse comune, quali elementi richiesti ai fini dell’applicazione dell’art. 5, comma 6, del Codice, trattasi di un affidamento di servizi di ricerca. Il primo comma dell’articolo 158 del Codice dei Contratti – confermando la disciplina dei contratti di ricerca e sviluppo già prevista nel previgente art. 19, comma 1, lett. f) del d.lgs. 163/2006 – prevede l’applicabilità della disciplina del Codice all’accordo siglato, allorchè esso soddisfi entrambe le seguenti condizioni: 1) i risultati appartengono esclusivamente all’amministrazione aggiudicatrice e all’ente aggiudicatore, affinché li usi nell’esercizio della sua attività; 2) la prestazione del servizio è interamente retribuita dall’amministrazione aggiudicatrice e dall’ente aggiudicatore (cfr., sul previgente art. 19, comma 1, lett. f) del d.lgs. 163/2006: ANAC, pareri sulla normativa AG42/2013 e AG 52/2016 e del. n. 72/2009).

2. I contratti stipulati mediante scambio di corrispondenza fuori MEPA per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro scontano l’imposta di bollo?

Sulla questione non abbiamo indicazioni chiare e precise. Considerando quanto previsto dal D.P.R. n. 642/1972 e dai vari interventi dell’Agenzia delle Entrate, si può concludere che i contratti stipulati mediante scambio di corrispondenza nell’ambito del MEPA siano da considerare delle forme semplificate di scritture private da sottoporre a bollo sin dall’origine; anche i contratti stipulati mediante scambio di corrispondenza a seguito di procedure svolte fuori dal MEPA sono da sottoporre a bollo fin dall’origine se di importo superiore a 40.000 euro. Il dubbio permane nel caso di contratti di appalto e concessione di valore inferiore a 40.000 euro: per via della nota apposta all’art. 24 della Tariffa, Parte Seconda, allegata al D.P.R. n. 642/1972 si dovrebbe versare il bollo sin dall’origine anche per questi importi, ma una possibilità di deroga è fornita dall’interpello n. 954-15/2017 che riconduce la fattispecie tra quelle per le quali il bollo è richiesto solo in caso d’uso, rifacendosi al contenuto dell’art. 24 piuttosto che alla nota.

3. E’ consentito l’accesso ai pareri legali acquisiti dalla pubblica Amministrazione?

Ai sensi dell’art. 53 comma 5 lett. b) del codice dei contratti pubblici sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici. La Giurisprudenza ha chiarito che deve consentirsi l’ostensione in accoglimento dell’istanza d’accesso quando tale parere ha una funzione endoprocedimentale ed è quindi correlato ad un procedimento amministrativo che si conclude con un provvedimento ad esso collegato anche solo in termini sostanziali e, quindi, pur in assenza di un richiamo formale ad esso. Si nega invece l’accesso quando il parere viene espresso al fine di definire una strategia una volta insorto un determinato contenzioso, ovvero una volta iniziate situazioni potenzialmente idonee a sfociare in un giudizio (Cfr. ex multis Consiglio di Stato, sezione III, sentenza n. 808 del 31/01/2020)

4. Quando un servizio di interesse generale è di natura non economica?

Un servizio di interesse generale è “non economico” ai sensi e per gli effetti dell’art. 164 del Codice dei contratti pubblici quando non può essere fonte di remunerazione perché il mercato non è in grado o non è interessato a fornire le prestazioni che ne sono oggetto.

5. Quali sono le modalità di affidamento della gestione degli impianti sportivi?

Nelle more dell’entrata in vigore del d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 38 “Attuazione dell’articolo 7 della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante misure in materia di riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi - pubblicato sulla G.U. n. 68 del 19 marzo 2021” prorogata a dicembre 2023 dal d.l. 22 marzo 2021, n. 41, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n. 69 art. 12 bis, comma 1 - che ha previsto all’art. 6 che gli affidamenti della gestione degli impianti sportivi, che l’ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente, “sono disposti nel rispetto delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e della normativa euro-unitaria vigente”, per l’affidamento degli impianti sportivi aventi rilevanza economica, si segue il modello della concessione di servizi, ai sensi dell’art. 164, comma 2, e dell’art. 3, comma 1, lett. vv), del Codice dei contratti pubblici mentre per l’affidamento degli impianti non aventi rilevanza economica invece si segue il modello della concessione strumentale di bene pubblico ovvero della relativa gestione, sottratta all’applicazione del Codice dei contratti pubblici, in coerenza con la previsione dell’art. 164, comma 3, a meno che l’ente locale non preferisca fare ricorso all’appalto di servizi ai sensi degli artt. 140 e seg. del medesimo Codice. I contratti pubblici sottratti all’applicazione del codice vengono affidati ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 50/2016 “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica”.

6. I Criteri Ambientali Minimi nelle procedure di gara pubbliche sono obbligatori?

La norma di riferimento fondamentale in materia di CAM è l’art. 34 del d.lgs. 50/2016. Ai sensi di tale disposizione “le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi… attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (cd. MATTM)...”. Inoltre, “i criteri ambientali minimi definiti con decreto ministeriale, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 6”. Sempre l’art. 34 aggiunge poi che l’obbligo di attuazione dei CAM “si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione”. Il Codice dei Contratti Pubblici prevede dunque l’obbligo e non la discrezionalità per le stazioni appaltanti di inserire, nella documentazione progettuale e di gara, quanto meno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM approvati con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Obbligo, questo, che si estende a tutti gli appalti, indipendentemente dal loro importo.

7. E’ ammissibile il c.d. avvalimento sovrabbondante se il contratto di avvalimento è nullo per indeterminatezza ed indeterminabilità del suo oggetto?

Si ha avvalimento sovrabbondante quando il ricorso a tale istituto disciplinato dall’art. 89 del D.Lgs. n. 50/2016 non sarebbe in realtà necessario ai fini della ammissione dell’impresa la quale possiederebbe in proprio tutti i requisiti per partecipare alla gara. Il Consiglio di Stato, Sezione V, con sentenza n.4208 del 1 giugno 2021 ha statuito l’inammissibilità del c.d. avvalimento sovrabbondante. La sezione pur dando atto che secondo parte della giurisprudenza sarebbe ammesso l’avvalimento sovrabbondante nell’ipotesi eccezionale in cui “dalla dichiarazione resa in sede di presentazione della domanda di partecipazione risulti che l’impresa abbia in proprio i requisiti di partecipazione, ma abbia scelto e dichiarato di fare ricorso all’istituto dell’avvalimento”, ha aderito alla giurisprudenza ancor più rigorosa secondo cui, “qualora l’operatore economico abbia inequivocabilmente dichiarato, con dichiarazione resa unitamente alla domanda di partecipazione alla gara, di soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di partecipazione, in tutto o in parte, avvalendosi delle capacità di altri soggetti (producendo altresì tutta la documentazione all’uopo richiesta dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016), non possa poi, in corso di procedura e men che meno all’esito di questa, mutare la propria originaria dichiarazione, manifestando l’intenzione di soddisfare in proprio la richiesta relativa al possesso dei requisiti, anche quando risulti dai servizi già dichiarati che il concorrente avrebbe potuto fare a meno dell’avvalimento”, ostandovi i principi di auto-responsabilità del dichiarante e di par condicio dei concorrenti (Cons. Stato, V, 15 gennaio 2020, n. 386), nonché i principi in base ai quali non è l’astratto possesso del requisito ad assumere rilievo in sé, bensì la concreta spendita di questo da parte del concorrente, non passibile di modifiche successivamente alla presentazione delle domande”.